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Phil Kelly commenta “La Russia chiave di volta del sistema multipolare” di Tiberio Graziani

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Philip Kelly (foto) è docente di Scienze politiche presso l’Emporia State University (Texas, USA). “Eurasia” ha pubblicato il suo saggio “Il Sudamerica come zona di pace” nel nr. 3/2007, ed un suo contributo sulla geopolitica degli Stati Uniti d’America sarà pubblicato prima della fine dell’anno in un nuovo numero della rivista dedicato alla potenza nordamericana.

La Russia chiave di volta del sistema multipolare” è l’editoriale, firmato dal direttore Tiberio Graziani, del numero 1/2010 di “Eurasia”.

Il professor Kelly ha inviato i commenti seguenti, che per sua gentile concessione riproduciamo in traduzione italiana integrale. Segue risposta della Redazione di “Eurasia”.

***


Commento di Phil Kelly:


Riassunto di quella che reputo la tematica centrale: La Russia diverrà presto il perno centrale, o la chiave di volta, del nuovo emergente sistema geopolitico globale multipolare, composto da quattro attori dominanti (USA, Cina, India e Russia) che interagiscono con gli attori emergenti, subordinati e quei paesi esclusi.

In tale nuova configurazione, gli Stati Uniti risultano retrocessi dal rango di egemone globale del sistema unipolare che ha caratterizzato gli anni ’90: ciò a causa dell’attuale crisi finanziaria, della sovraestensione (elefantiasi imperialista) e dei conflitti potenziali con Giappone, Europa e America Latina.

Questi fattori segnalano il ritorno dell’Eurasia come super-continente dominante nella geopolitica mondiale, con la Russia ancora perno centrale e la Cina e l’India allineate alla Russia. Tuttavia, ciascuna di queste tre nazioni deve rimediare ad alcune debolezze prima che tale supremazia possa emergere: le problematiche interne legate alla modernizzazione, le tensioni socio-etno-culturali e le questioni demografiche.

La Russia guiderà la formazione d’un ponte eurasiatico che collegherà Europa e Giappone attraversando l’Eurasia Centrale, che aprirà il Medio Oriente alla Russia e, ancora, marginalizzerà il Nordamerica dall’Europa e non solo.

Trascuro altre teorizzazioni, ma quelle appena riportate mi paiono essere il succo dello scritto. A questo punto devo dichiarare che mi trovo in disaccordo con molti di questi argomenti sollevati dall’autore.

Valutazione: non posso che plaudire alla consistenza geopolitica dell’autore. La sua presentazione è, secondo me, in gran parte geopolitica, benché occasionalmente vi diparta in taluni aspetti che menzionerò più sotto. Fondamentalmente, egli segue piuttosto da vicino gli approcci geopolitici sia di Saul Cohen sia di Zbigniew Brzezinski, benché le sue conclusioni tendano ad essere alquanto differenti.

L’articolo è incentrato fondamentalmente sull’equilibrio di potere, che a mio giudizio si configura qui come geopolitico. Scrivo questo perché, talvolta, la geopolitica trasborda in altre teorie delle relazioni internazionali, come ad esempio di il neo-realismo di Kenneth Waltz. Si potrebbe includere anche l’analisi dei sistemi, che concernerebbe le inter-relazioni geopolitiche del manuscritto. Apprezzo che nella descrizione che l’autore fa degli USA, l’analisi viri al post-modernismo.

Ciò detto, sono però in disaccordo con l’autore sui seguenti punti:

– l’Europa Occidentale non dev’essere omessa tra gli attori dominanti nella geopolitica globale. Ritengo l’UE molto più influente e pivotale dell’India. Si mostra poco fiduciosa verso la Russia ed assai più confidente nell’alleanza con gli USA. Ma non ravviso il dominio statunitense sull’area, malgrado l’attuale crisi dell’Euro.

– L’America Latina non è un’area emergente nella politica mondiale. Rimango dell’opinione che l’America Centrale rientra nella sfera d’influenza del Nordamerica, e che il Sudamerica, benché indipendente, non ha e non può avere un grande impatto sulla geopolitica globale, in particolare su quella dell’Eurasia. Il Brasile potrebbe essere una remota eccezione, ma dubito che potrà esercitare una proiezione globale nel breve periodo. L’ondata politica che ha caratterizzato l’ultima decade, con l’elezione di numerosi presidenti di sinistra in America Latina, non indica l’interesse della regione a mettere in scacco l’egemonia statunitense, né un suo coinvolgimento nell’equilibrio di potere della diplomazia eurasiatica. Rientra semmai nei cicli destrorsi-sinistrorsi che ormai da decenni s’alternano nella politica latinoamericana. L’intera regione è semplicemente troppo debole e divisa e disinteressata ad un ruolo globale. E gli USA trascurano ampiamente il meridione solo perché poco importante nella politica mondiale, e considero ciò un indice di realismo.

– Per me gli Stati Uniti continueranno ancora per un certo periodo ad essere l’egemone o perno mondiale. La sua natura bioceanica, più vantaggiosa che svantaggiosa, permetterà loro di ricoprire il ruolo di ago della bilancia regionale sia sul fianco orientale dell’Eurasia (tra Giappone, Cina e India) sia su quello occidentale (tra Europa Occidentale e Orientale e Russia).

– La Russia è un perno o chiave di volta molto debole (ed anche questa potrebbe essere un’esagerazione), e resterà incapace di forgiare una solida alleanza con la Cina o l’Europa, né tantomeno col Giappone. Maggiori possibilità le ha con l’India, non esattamente un forte soggetto eurasiatico. Non vedo neppure l’importanza del Medio Oriente per la Russia, suggerita invece dall’autore.

– Ravviso un tema post-modernista nella descrizione geopolitica resa dall’autore degli Stati Uniti e della loro elefantiasi imperiale. Ovviamente io sono un nordamericano ed un fermo sostenitore del presidente Obama e della segretaria di Stato Clinton. Non vedo spinte imperialiste, aggressive o cospirative nell’attuale politica estera statunitense. Il paese si prepara a lasciare l’Iràq in estate e, se possibile, a stabilire una tregua coi Talibani per evacuare pure l’Afghanistan. Non sembra l’atteggiamento di un imperialista. Semmai, gli USA sono in fase di introversione, decisi a focalizzarsi sulle riforme interne e lo stallo del sistema politico.

– L’India non partecipa all’equilibrio di potere eurasiatico. La sua geopolitica mira invece a mantenere lo stallo con la Cina e, in subordine, col Giappone. Gli Stati Uniti fungono qui da perno centrale.

– Sono abbastanza curioso del ruolo che la Russia potrebbe ricoprire in un ponte eurasiatico tra Giappone e Europa Occidentale che attraversi l’Eurasia Centrale. Non credo in realtà che la Russia possa realizzarlo; semmai, ritengo che questa regione (l’Eurasia Centrale) sia la maggiore candidata al ruolo di shatterbelt competitiva nella politica mondiale, la prima e sola ad apparire dalla fine degli anni ’80 quando, assieme alla Guerra Fredda, svanì questo tipo di formazione geopolitica.

– A mio parere il momento unipolare continua: le principali potenze mondiali, Russia e Cina incluse, al momento sostengono tale equilibrio. Non vedo Russi e Cinesi opporsi alla dirigenza mondiale statunitense. Un giorno il mondo potrà strutturarsi in maniera multipolare, come suggerito dall’autore, ma non oggi.

– Non ravviso alcun consolidamento russo-cinese. Vedo semmai proseguire una struttura geopolitica a scacchiera, ancora una volta con gli USA nel ruolo di perno centrale e ago della bilancia tra le nazioni dei due estremi eurasiatici.

– Ancora due appunti. La mia previsione è che il prossimo egemone mondiale sarà il paese o la regione che assumerà il controllo della fonte energetica del futuro, probabilmente il solare e/o una combinazione di nuove fonti (eolica, geotermica, gas, uranio, più petrolio). L’Europa Occidentale e gli USA sarebbero molto più avanzate di Russia, Cina o India. Inoltre, il prossimo egemone sarà il paese più forte in termini di unità etnoculturale e di solidità fiscale-monetaria. Anche sotto tali aspetti vedo USA e Europa Occidentale messi meglio di Russia, Cina o India.


    ***

    Risposta di Tiberio Graziani e Daniele Scalea (redazione di “Eurasia”):


    Il professor Philip Kelly, stimato esperto di geopolitica, ha rivolto interessanti osservazioni critiche all’editoriale di Tiberio Graziani relativo al nr. 1/2010 di “Eurasia”.

    Riassunto dell’editoriale di T. Graziani: gli attori del quadro internazionale sono classificabili in alcune categorie. Gli attori egemoni sono quei paesi che per geografia, economia o potenza militare determinano le scelte e i rapporti internazionali degli altri paesi e delle organizzazioni globali: USA, Russia, Cina, India. Gli attori emergenti sono i paesi che, sfruttando proprie peculiarità geopolitiche o strategiche, cercano di smarcarsi dalle decisioni imposte dagli aa. egemoni: Venezuela, Brasile, Bolivia, Argentina, Uruguay, Turchia, Giappone e parzialmente Pakistan. Gli attori inseguitori-subordinati sono quei paesi che rientrano nella sfera d’influenza di uno degli aa. egemoni: sono inseguitori quelli che giudicano utile permanere in tale sfera d’influenza, subordinati quelli che lo fanno per imposizione o totale mancanza di coscienza geopolitica. Gli attori esclusi sono quei paesi che non rientrano nel quadro finora delineato (insubordinati, ma incapaci di smarcarsi dagli egemoni).

    Vista la presenza di quattro aa. egemoni, il quadro internazionale può considerarsi multipolare. Tuttavia, gli USA cercano di difendere la posizione acquisita nel momento unipolare, principalmente attaccando la Russia e cercando l’acquiescenza di Cina e India.

    La Russia mantiene, in Eurasia, il ruolo di Heartland già individuato e descritto da Halford Mackinder, ma nell’ambito dell’ascesa di un nuovo ordine multipolare assume anche altre funzioni. Mosca ha costruito solidi rapporti con Cina e India, e meglio di queste due potenze può stringere legami positivi anche con l’Europa e il Giappone, fino a cooptarli in un sistema d’alleanze e cooperazione su scala continentale, che emargini dall’Eurasia la potenza talassocratica – vincendo dunque la sua resistenza al nuovo multipolarismo.
    Rimane però scoperta un’area fondamentale dell’Eurasia: il Vicino e Medio Oriente. Solo con una chiara scelta di campo la Russia potrà estromettervi l’influenza nordamericana.

    Rilievi critici del prof. P. Kelly: per facilità di risposta e di lettura, accorpiamo le dieci osservazioni di P. Kelly in un numero inferiore di punti più generali, che ci permettiamo di riassumere come segue:

    • il mondo non è multipolare ma ancora unipolare;
    • la Russia non è in grado di coinvolgere gli altri poli continentali in una comune geopolitica di sicurezza eurasiatica che escluda la talassocrazia;
    • l’Unione Europea merita d’essere classificata come attore egemone più di altri paesi, e dell’India in particolare;
    • l’America Latina non ha alcun ruolo significativo nella geopolitica mondiale.

    Risposte: mantenendo i medesimi quattro punti riassuntivi dei rilievi di P. Kelly, procediamo a rispondervi:

    – oggi numerosi commentatori ritengono che il “momento unipolare” sia passato, e si sia entrati o si stia entrando in un nuovo “momento multipolare”. La nostra opinione è che ci si trovi in tale fase di passaggio. Oggi gli USA godono ancora in una certa misura della propria egemonia. Washington ha capacità di proiezione globale, e può ingerire negli affari di qualsiasi area del pianeta. Non di meno, a differenza di quanto accadeva negli anni ’90, alcune grandi potenze oggi esercitano una certa resistenza nelle proprie regioni. Attorno ai “poli” rappresentati da Russia, Cina e Brasile s’osservano aree in cui l’influenza degli USA è solo pari se non inferiore a quella del polo regionale: l’estero vicino per Mosca, l’Asia Sudorientale e Centrale per Pechino, il Sudamerica per Brasilia. La nostra opinione è che queste “egemonie regionali” andranno rafforzandosi nel tempo, e nuovi poli vi si aggiungeranno: la Turchia e la Germania sono tra i maggiori candidati. Oltre a ciò, s’osserva una crescente capacità di proiezione esterna da parte dei nuovi poli regionali: della Cina in Africa, di Russia e Cina in Centroamerica e Sudamerica. La nostra previsione è che, nel giro di qualche anno (un paio di decenni al massimo), la transizione all’ordine multipolare si potrà considerare pienamente compiuta;

    – già negli anni della Guerra Fredda la Russia aveva un rapporto molto positivo con l’India. Nelle ultime due decadi Mosca si è riappacificata con la Cina, in un rapporto che ormai rasenta l’alleanza strategica, ed ha instaurato legami positivi con diversi paesi europei di primo piano (Germania e Italia su tutti). Mosca appare perciò come il centro d’una trama di rapporti bilaterali tra grandi potenze eurasiatiche, trama che potrebbe evolversi in un’autentica rete multilaterale: in tal senso la Russia può essere la chiave di volta del nuovo sistema multipolare. Per quanto riguarda l’ipotesi che l’Asia Centrale possa configurarsi come shatterbelt competitiva tra Russia e Cina con gli USA ago della bilancia, non è questo ciò che s’osserva oggi. Russia e Cina stanno collaborando nell’area tramite l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, evidentemente motivate ad escludere gli USA dalla regione. L’Asia Centrale potrà diventare un’area di contrapposizione russo-cinese, ma non prima che il tentativo di penetrazione dell’egemone sarà stato sventato dalle due potenze;

    – l’Unione Europea, e persino alcuni paesi europei presi singolarmente (su tutti la Germania), hanno il potenziale per diventare, o meglio tornare, grandi potenze mondiali, ma tale potenziale è ancora largamente inespresso. L’Unione Europea in questa fase non incide se non in minima parte nella politica internazionale. Essa potrà presentarsi come attore egemone quando: a) assumerà una configurazione istituzionale realmente unitaria, almeno per quanto riguarda i meccanismi decisionali e l’applicazione delle relative disposizioni in tutti quei settori di rilievo strategico; b) adotterà un’unità d’intenti in politica estera ed una chiara, condivisa e autonoma identità geopolitica; c) si sottrarrà alla tutela statunitense, ossia a quel rapporto “vassallatico” che la vede subordinata politicamente e militarmente al capoalleanza d’oltreoceano. Per quanto concerne l’India, è vero che al momento si tratta dell’ipotetico attore egemone meno forte – rassomigliando al Brasile come grande potenza emergente, ma con lo svantaggio d’essere attorniata da altre potenze pari o superiori. In particolare, l’India attualmente è pressoché priva di qualsivoglia capacità di proiezione globale o anche solo regionale (richiamando in ciò la situazione del Giappone). Tuttavia, l’India ha un enorme potenziale demografico che raggiungerà il suo momento più favorevole nei prossimi decenni e che, se debitamente sfruttato, permetterà a Nuova Delhi di recuperare, almeno in campo economico-produttivo, buona parte del gap accumulato rispetto ad altri paesi (la Cina su tutti);

    – l’America Latina (o “Indiolatina”, in omaggio alla sua sempre più importante componente d’origine amerindia) non sta solamente attraversando un ciclo politico interno, ma si sta impegnando in uno sforzo d’integrazione senza precedenti: anche volendo sottovalutare l’ALBA, non si può fare lo stesso dell’UNASUR. Inoltre la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños si presenta apertamente quale alternativa all’OSA egemonizzata da Washington, rimarcando il progressivo affrancamento dall’ingombrante vicino settentrionale. Questa spinta integrativa è certo più marcata nei paesi governati dalla “sinistra”, ma coinvolge anche quelli “moderati” o persino “destrorsi”, perché evidentemente risponde ad un’effettiva esigenza ed interesse di questi Stati. Le conseguenze di un’America Indiolatina non più sottomessa agli USA potrebbero sconvolgere il panorama geopolitico globale. Infatti, gli USA – potenza continentale – hanno potuto tramutarsi in talassocrazia e proiettarsi al di là degli oceani principalmente perché privi di rivali o minacce sul proprio continente. L’affrancarsi dell’intera regione, l’ascesa d’una grande potenza mondiale come il Brasile ed il coagularsi attorno ad essa dei paesi vicini, costringeranno Washington a distogliere almeno parzialmente l’attenzione dal fondamentale teatro eurasiatico per volgerla al proprio ex “cortile di casa”. Ciò agevolerà le spinte multipolariste che, coscientemente (è il caso russo e cinese) o incoscientemente (è il caso indiano e giapponese), porteranno all’emarginazione ed infine all’esclusione della talassocrazia nordamericana dal continente eurasiatico.

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